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Montanara 1/5

Intervista realizzata nel febbraio 2009 presso il Centro Sociale Anziani Montanara. Parlano Giorgio ed Alberto.
Guerra mondiale: sfollato a Berceto, vita in città a Parma; giochi dei bambini: (gerlo e cannella, sinalcol, palline, figurine, magie, sassate); il ballo: i festival, i locali di Parma, tutti in corriera per andare a ballare in provincia.
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Riguardo alle esecuzioni di fascisti.

“…Quella che doveva essere più penosa che però secondo me …proprio… non mi ha lasciato traumi psichici...secondo me…perché forse ero troppo giovane. Avevo già visto qualche morto. Ma non così…cioè… morto per strada: un mitragliamento, magari dopo passi e vedi uno steso per terra… però non m’avevan dato effetto, eravamo già blindati.”

“Sì. ne avevate già viste, insomma..”

“Si, perché ero stato sfollato in montagna un anno. Avevo fatto la terza elementare su a Bergotto, comune di Berceto e lì siamo venuti via perché c’era stata un’azione partigiana avevano fatto saltare il ponte sul Manubiola che è quello che va da Ghiare di Berceto a Berceto. I tedeschi per ringraziamento aveva piazzato qualche cannone su a Berceto e avevano bombardato quelle case che sono riusciti a centrare, poi hanno fatto un rastrellamento e han portato… quelli che hanno catturato, gli hanno portati nell’ex cementificio di Ghiare… che c’è ancora… mi sa che adesso lo vogliono o hanno già fatto delle strutture, non so per fare che cosa, comunque pubbliche…diciamo. Ed è successo che, probabilmente per dei malintesi, cioè per scarsa comunicazione tra partigiani ecc. i partigiani dall’altro lato, cioè dal lato di Lozzola, hanno sparato sui camion che portavano, non dico partigiani, questi prigionieri e ne hanno ammazzati anche. Un errore.. è stato un errore penoso…hanno ucciso…infatti c’è ancora adesso circa a metà strada tra Ghiare e il bivio per Berceto… c’è sulla destra uno spuntone con la lapide.

Però in compenso mi ricordo il barbiere che suonava anche la fisarmonica, che si chiamava Luma …forse perché ci vedeva come…”

“E suonava nei festival, cioè faceva ballar la gente con la fisarmonica?”

“Beh, allora… dopo finita la guerra sì, allora magari suonava, ma non… era vietato è ballare… sia a Parma che dappertutto. Tagliava i capelli così…partiva e arrivava di qua”

“ Ragazzi ci si arrangiava, non c’era altro”

“Poi,dopo il 1945, lei è tornato a Parma?”

“No, no, sono stato su solo un anno, poi siamo scappati perché mia mamma si era accorta che era diventato pericoloso, dopo quel rastrellamento lì.

Siamo venuti giù penso appena finita la scuola, perché io…la l’ho finita, ero il primo della classe, forse ero l’unico buono a scrivere. Là c’era gente… Quello che si legge adesso del supramonte, si leggeva vent’anni fa del supramonte: cioè i ragazzi che andavano a scuola d’inverno poi , come c’era bisogno di portar fuori le pecore o le mucche, via…dovevano lavorare. Poi siamo stati due o tre mesi a San Michele Tiorre a casa di un lontano parente di mia madre. Poi siamo rientrati a Parma perché forse aveva capito che era il posto più sicuro. Anche perché…”

“ Poi però sono iniziati i bombardamenti.”

“In quel quartiere lì hanno sganciato una bomba di un caccia bombardiere.”

“Lei era benestante come famiglia…stavate bene…”

“ Si, in una casa c’eravamo quattro famiglie tre benestanti e noi. Lì era una zona di benestanti, noi non avevamo neanche portinai in casa, eravamo custodi. Cioè: non pagavi l’affitto, abitavamo nel granaio, nell’attico (come vuole). Avevamo il vantaggio che c’era il gabinetto in casa, però, c’era già un progresso…e c’era un altro vantaggio, che non c’era concorrenza a quel poco che c’era. Cioè, ti faccio un esempio… noi eravamo: c’era mio fratello era più vecchio di tre anni, io e mia sorella… ad esempio una famiglia di gente che stava parecchio bene, cioè con podere, fabbrica di salsa e casale, avevano i figli nella stessa scala. E abitavamo vicini, giocavamo insieme. Quando (è capitato!!!) era ora di far merenda , se era la cameriera a chiamare no, ma se era la padrona diceva: -Sa ragazzi, su, venite su anche voi -…le prime volte, sentivi…arrivavi in casa…-Eh…- parlo del 1943-44 -Ancora salame?- e la mamma: - Guardate loro come sono bravi, loro sì che sono bravi!-

Ci credo!!! …loro mandavano in campagna i crostini per le galline…di pane bianco… quando in quel periodo il pane era una cosa schifosa. Il pane della tessera, no, perché quello della tessera era unico per tutti…doveva…poi chi aveva dei soldi…chi lo faceva in casa… ad esempio lì a barriera Farini hanno continuato fino… io ho cominciato a fare il fornaio sempre in Via Solferino nel 1948…hanno continuato ancora c’era gente che aveva il podere, facevano il pane in casa e lo mandavano a cuocere.”

“Lei faceva il fornaio? Lo ha fatto tutta la vita?”

“ No, dal 1948 al 1959”

“ Ha messo su lei il negozio oppure era un dipendente?”

“Mi han dato un contratto di settecento lire alla settimana, una micca di pane da portare a casa, che era circa due etti e mezzo, e potevo mangiare tutto il pane che volevo, quindi più che raddoppiato lo stipendio… mangiavo continuamente.“

“Anche i chili?”

“Macché ero così. Dunque… io…ho smesso che avevo 24 anni…di fare il fornaio mi ero rotto, ho detto pianto lì, basta…perché…Quando mi sono sposato ero 62 chili, mi sono sposato un po’ dopo. Ho sempre avuto la passione di leggere, a parte la storia di Parma… poi mi sono interessato…giocavo in casa, con la storia di Parma. Non so perché…ah ecco…forse perché quando ero bambino proprio contro di me ci abitava l’avvocato Scotti. Era un civilista, ma non era arido perché era un gran cultore di storia Parmigiana, di poesia, era amico di Bocchialini, quello che ha curato la grammatica per Pezzani. Erano quei borghesi che parlavano in dialetto, che non parlavano come noi, perché parlavano diverso. Ad esempio molti dicevano che …erano paesani, perché noi si dice trédos loro dicevano tredés in campagna pressappoco dicono così, invece erano parmigiani, era il dialetto della borghesia…”

“E Pezzani è più da quella parte lì, come modo?”

“ Sì… Forse l’ho preso da lui perché altrimenti non saprei. Poi vengono le passioni, anche senza avere uno che ti spinge. La Famiglia Pramzana, in cui ho cominciato, ho conosciuto Montacchini, ho conosciuto Gigliè…quando facevo il fornaio ho conosciuto Sicuri, prima lo vedevo solamente, poi ogni tanto veniva a trovare il mio principale, e qualche volta cantava, aveva una bella voce, poteva fare il corista. Ma il corista distinto…il corista da Corale Verdi, da teatro. Aveva un bella voce. Infatti gli ho chiesto: -Ma Sicuri perché…? -Vogliono che vada a cantare quando ne hanno voglia loro- Lui era il filosofo del faccio quello che mi pare.”

“Si ricorda i giochi che si facevano da ragazzi?”

“Le sassate, quelle lì erano regolarissime.

Che poi, non le abbiamo mai usate.

Noi avevamo le fionde. Nel ‘46 penso, erano venuti a Parma dei ragazzi di Cassino, che hanno continuato mi sa, due tre anni a venire su, e Cassino era messa molto peggio di noi, era stata distrutta, c’era stato sei mesi il fronte…quindi…premetto che di fianco all’ex piscina CONI, scendendo verso Ponte Italia c’era libero tutto un tratto di terra che è stato edificato nel 1948. Di qua c’è una casa che era dell’INA case, di là hanno fatto un condominio poi. Era un bel tratto di terra libero e lì si facevano le sassate.

Quei ragazzi là non avevano le fionde, avevano quelle tipo Golia…

“Davide… quelle…”

“…tipo Golia…cacciavano dei sassi così… a sessanta settanta metri di distanza…no…no…oh…fermati!

Poi c’era…si giocava a palla in strada, si andavano a comperare le palle da tennis vecchie alla Raquette. Giocavamo a portine, ci sono ancora in quella zona lì alcune strade…ci sono i marciapiedi senza bordo e c’era il bordo della bocchetta. E quelle eran le porte.”

“E se andava dentro la palla?”

“ E no”

“ Perché era piccolo.”

“C’era il gerlo, cioè c’era, si faceva un pezzo di legno a doppio corno, poi con un randello lungo così, si pestava su una punta, di solito partiva…cercavi…se lo beccavi in pieno andava anche come di qui in via Aleotti. Infatti qualche volta andava anche nei vetri.”

“Poi chi vinceva? Cosa succedeva?”

“Poi si diceva… dunque: quante cannelle mi dai…cioè le cannelle erano l’unità di misura. Cinquanta…no non van bene... allora le conti. C’era il ricatto. Se non ti va bene e magari ce ne erano cento …vinceva cinquanta. Se no le conti.

Poi cosa c’era… ah sì, fare le piste coi tappi a corona, nella sabbia con le palline, dove c’era un po’ di sabbia da poter usare, altrimenti le facevi sull’asfalto.”

“Stavamo lì delle giornate rompendo i vetri poi sopra un sasso vivo, li facevamo diventar rotondi…sempre sputandoci sopra… poi limarli.. “

“I vetri delle bottigliette?”

“No un vetro, un vetro normale, e poi sino a quando metteva dentro, andava dentro al sinalcolo, solo che sotto ci mettevamo la fotografia di Coppi o di Bartoli, poi mettevamo sopra il vetro, e poi con lo stucco le chiudevamo, poi giocavamo…”

“Così diventava anche più pesante”

“Delle piste cinquanta o sessanta metri, in viale Mentana non c’era mica traffico, noi con il gesso facevamo la pista e poi via…a fare una corsa”.

“Quello usava anche da noi…poi figurine…giocavamo a magie con le monete fuori corso.”

“Cosa vuol dire magie?”

“Magie…C’erano diversi modi potevi giocare a muro, chi andava più vicino al muro. Oppure testa o liscia.”

“Uno teneva il banco e tutti puntavano, io ero il banchiere… testa o liscia… testa o liscia… gettavo per aria una moneta, se veniva testa chi ha detto testa vinceva, chi diceva liscia perdeva… allora era tutto un traffico di…”

“C’era differenza tra i maschi e le femmine, oppure giocavate tutti insieme?”

“Ce ne erano di quelle che erano più brave di noi”

“Poco…certi giochi…”

“A spanna boccè… ce ne erano due che sembravano due maschi”
“Ma tu stavi in borgo del Naviglio”

“..No… da noi no… No lì…non…ce n’era una sola…”

“A borgo dei Nobili”

“Qui c’era la differenza di quartiere”

“Una grande differenza”

“Ce n’era solo una, una sola che poi era diventata una ragazza splendida, che sapeva fare le sassate. Strano perché di solito le donne quando tirano i sassi fanno fare dei versi strani al gomito. No, lei invece tirava le sassate come noi. E allora ovviamente era accettata perché se no, se ti tirava contro era peggio.

Abbiamo fatto diverse battaglie con i Capannoni qui della Navetta. Venivano là a invadere…”

“Erano proprio così per gioco queste cose, oppure c’era un po’ di supremazia?”

“No…quelle lì si facevano per gioco perché allora, solamente al palazzo degli Sposi, che è quello con il cinema Astra alle spalle, un palazzone per andare in via Solferino con due scale…c’erano ventitre ragazzi… ed erano circa…c’era una scala di tre o quattro anni… più qualcuno come me che era aggregato, perché ovviamente vai dove c’è il gruppo. Poi come aggregazione c’era anche il Sacro Cuore …missionari.”

“E qui ci andavano i figli dei signori…gente insomma più…?”

“ Sì, sì…non in chiesa solamente, anche lì… c’era l’oratorio, c’era il ping-pong, c’era il calcetto… insomma lì c’erano tutti.”

“Poi la chiesa di San Benedetto…c’era il calcinculo, c’era il gioco del pallone, c’erano i primi calciobalilla…che allora era… eravamo tutti lì, però abitavamo tutti Borgo del Naviglio, Borgo degli Studi, tutta la Parma bene..”

“Andavate anche al cinema, che di solito i preti…?”

“Noi andavamo al cinema Roma, al cinema Verdi andavamo, però io sono stato sempre uno che più che al cinema a me piaceva andare a ballare. A dodici anni ho iniziato a ballare… non ho mai più smesso.”

“Dove andava a ballare?”

“Dunque Di le monete fuori corso, unadamenti." prima di tutto, quando ero giovane, andavo quando c’era la fiera di San Giuseppe, in Viale dei Mille mettevan su il festival da ballo, fatto in legno, poi c’era la pista in legno col tendone sopra… ho incominciato lì. Poi verso i quindici anni incominciato andare a Vallechiara, a la Raquette, alla Capannina, Capannina Uno e Capannina due, perché ce ne sono due di Capannine, una era accanto l’ospedale e una a San Lazzaro. La Capannina era a San Lazzaro dove c’è quello che vende tutta roba per i mobili. Dove c’e il Conad.

Poi alla sera ci trovavamo con le ragazzine e tutta la compagnia ci trovavamo in piazzale della Pace… c’erano tutte le corriere tu sceglievi dove volevi andare. C’era quella che ti portava a Fidenza, a Noceto, a Colorno, a Golese… Tu sceglievi la corriera, andavi a ballare e poi venivi a casa all’una del mattino.”

“Si andava a ballare perché c’erano le ragazze?”

“Andavamo tutta la compagnia, allora c’era la squadra del Cristo, via Cocconi, le case rosse che ci sono, via Trieste, c’era pieno di ragazzi così…perché erano tutti capannoni, cioè capannoni…gente…allora prendevamo… ci trovavamo lì in Piazza della Pace, andavamo là in bicicletta, lasciavamo lì le biciclette, poi partivamo con…”

“Le ragazze si portavano da casa o si trovavano lì?”

“ No, no…ci trovavamo tutti là, o se no andavamo via in bicicletta che andavamo a Mariano.”

“Andare nei paesi c’era da stare attenti. Nei paesi menavano…”

“Ad andare attorno alle ragazze?”

“No, no, menavano alle volte anche a invadere la zona, ma non solo i Parmigiani, anche tra un paese e l’altro. C’erano dei paesi in cui bisognava andare non armati, ma in venti o trenta.”

“Perché c’era della gente anche scema… facevano gli stupidi.”
“No, no…usava”

“Io sono andato, dunque…ho settant’anni, ho cominciato a tredici anni ad andare a ballare… mai fatto lite a ballare. Andavo là, ballavo. Chiuso basta, se avevi la ragazza che ti piaceva, o eravam capaci di ballare, ballavi. Certo se vai la a bere, a cercar la lite …allora menavano

Allora “C’era anche della gente diceva: le nostre donne sono nostre.”

“Bisognava che andassi in montagna… proprio”

“ In montagna…andar giù dopo Sorbolo pressappoco.”

“Tu c’hai un’altra età, io sono più giovane…”

“No, no… io non ci sono mai andato”
Pubblicato da: Parmachesiparla il 10/03/2009
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Parole chiave:
guerra mondiale, sfollati, giochi, ballo, gerlo, cannella, sinalcol, palline, sassate
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