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L'Ospedale Vecchio

L'Ospedale Vecchio è uno dei complessi monumentali più importanti di Parma, nonché l'edificio simbolo della storia ospedaliera della città.
Posto nel quartiere dell’Oltretorrente, lungo l’attuale viale d’Azeglio, é stato l’ospedale cittadino dal XV secolo fino al 1926. Molto amato dalla popolazione cittadina per i servizi umanitari che ha dispensato nei secoli.

Ospedale VecchioOspedale Vecchio - facciata
Fu costruito per riunire i circa 60 ospedali minori di Parma e del contado in un unico Ospedale Maggiore.
La costruzione del primo nucleo dell'edificio pare sia stata avviata prima del 6 settembre 1476 su progetto di Gian Antonio Da Erba. All'inizio del '500 l'edificio può ritenersi compiuto sia all'esterno che all'interno e si compone dell'impianto a croce delle infermerie; si estende in facciata con le prime quindici arcate del porticato, da ovest a est e racchiude il chiostro degli Esposti.
Piuttosto raro nell'edilizia residenziale parmense, il portico è elemento caratteristico comune delle facciate di molti ospedali rinascimentali e rappresenta la mediazione tra lo spazio privato e quello sociale, affacciandosi sul più importante asse urbano e territoriale, la Strada Maestra di Santa Croce (attuale via D'Azeglio), tratto cittadino della via Emilia.

Pianta del XVIII secolo - Raccolta SanseveriniPianta del XVIII secolo - Raccolta Sanseverini
Caratteristica distintiva del nuovo progetto è la disposizione della pianta a forma di croce.
L'intera struttura è organizzata intorno alla grande crociera a forma di croce greca sormontata da una cupola, su ispirazione di analoghe strutture quattrocentesche. L'esempio più noto, e modello a cui probabilmente ci si ispirati, è l'antico Ospedale Maggiore di Milano, detto la Cà Granda - progettata dal Filarete - oggi sede dell'Università statale.
Questo impianto offriva il vantaggio di una facile sorveglianza delle corsie ospedaliere da parte del personale.
Ospedale Vecchio: Cupola della crocieraOspedale Vecchio: Cupola della crociera
La copertura della crociera, alta diciotto metri, è a volta e ha degli oculi apribili dall'alto, che servivano per mantenere un microclima ottimale e ricambi d'aria. Un corridoio che percorreva la crociera sul fianco occidentale permetteva di spostare merci e persone dalla strada principale ai cortili di servizio. All'incrocio delle navate sotto la cupola, era collocato un altare dove ogni mattina il sacerdote celebrava la Messa, che poteva essere seguita fino all'estremità di ogni braccio della crociera.

L'Ospedale era distinto in due sezioni. L'Ospedale della Misericordia e l'Ospedale o Ospizio degli Esposti.
L'Ospedale della Misericordia occupava l'infermeria a croce ed alcuni locali ad ovest, era composto da quattro reparti per infermi, inferme, feriti ed orfani. L'ingresso si trovava sul lato ovest del porticato, poteva ospitare circa 300 ammalati tra uomini e donne, come risulta dalle annotazioni del medico americano John Morgan, venuto a visitare l'Ospedale di Parma nel 1764, che ci ha lasciato anche una efficace descrizione della distribuzione dei letti nelle corsie:
Infermerie Ospedale MisericordiaInfermerie Ospedale della Misericordia
“Vi è un particolare speciale in questo Ospedale: invece di due piani per gli ammalati, uno sopra l'altro, vi è un tetto comune.
I letti per i degenti che sono in basso sono sotto arcate, sicché sono separati in specie di stanze che si susseguono quasi da un lato all'altro dell'ospedale che è a forma di croce.
Sopra vi è una galleria chiusa da una ringhiera, con un'altra fila di letti che sono allineati lungo le pareti senza divisioni; vi è sufficiente spazio per i letti, i tavoli, e per il passaggio dei medici e inservienti nel loro andirivieni.
Le scale sono in fondo alla galleria che gira quasi tutto attorno.
Le finestre che danno luce comune a quelli di sotto e a quelli della galleria sono appena al disopra della galleria stessa, il che rende tutto arioso e spazioso, ed intima la parte sottostante, dove le arcate isolano quei pazienti che occorre tenere separati.”
.

L'Ospizio degli Esposti utilizzava la parte est su strada e a lato del chiostro, ed era destinato ai soli trovatelli. Fu intitolato a Rodolfo Tanzi, colui che fondò l'ospedale nel 1201 che, all'epoca, era ubicato in alcune case di Borgo Taschieri, attuale borgo Cocconi, ed era gestito da un gruppo di uomini e donne che dovevano vivere in comunità, donare i propri beni ed abitarci per servire gli infermi, i pellegrini ed i bambini orfani. Accoglieva solo malati di ceto sociale povero poiché chi ne aveva le facoltà poteva curarsi in casa propria.
Con il termine “esposto”, veniva indicato, il bambino abbandonato in tenera età o non riconosciuto alla nascita.
Sotto al portico, di fianco alla porta d'ingresso dell'Ospizio degli Esposti (dov'è ora l’ingresso principale dell’Oratorio di Sant’Ilario), pare fosse situata la ruota degli esposti.
La Ruota o rota degli esposti era un meccanismo girevole di forma cilindrica, di solito costruito in legno, diviso in due parti chiuse per protezione da uno sportello: una verso l'interno ed un'altra verso l'esterno che, combaciando con una apertura su un muro, permettesse di collocare, senza essere visti dall'interno, gli esposti, i neonati abbandonati. Facendo girare la ruota, la parte con l'infante veniva immessa nell'interno dove, aperto lo sportello si poteva prendere il neonato per dargli le prime cure. Il locale dove avveniva questa prima accoglienza è il locale in cui, fino a poco tempo fa, era ubicato l'Archivio Storico Comunale.
Spesso vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire chi di dovere di raccogliere il neonato, ed anche una feritoia nel muro, una specie di buca delle lettere, dove mettere offerte per sostenere chi si prendeva cura degli esposti.
Per un eventuale successivo riconoscimento da parte di chi l'aveva abbandonato, al fine di testarne la legittimità, venivano inseriti nella ruota assieme al neonato monili, documenti o altri segni distintivi.

Sopra la ruota una scritta: “INPIUS UT CUCULUS GENERAT PATER ATQUE RELINQUIT / QUOS LOCUS INFANTES EXCIPIT ISTE NOTHOS”, che si può tradurre così: Asilo e cura la Pietà qui dona ai mal concetti pargoli, che il padre, il cuculo imitando, empio abbandona.
Così gravi parole, anche se ai più incomprensibili perché scritte in latino, dovevano suonare comunque di monito a chi furtivamente abbandonava la sua piccola creatura. In quel momento drammatico, con un rapido giro di ruota, il neonato si staccava per sempre dal vincolo che lo legava ai genitori, per essere accolto dall'istituto che gli avrebbe assicurato cura e protezione.
La Ruota funzionò fino al 1872, sostituita in quell'anno da un Ufficio di consegna che li inscriveva in un elenco apposito e li denunciava all'Ufficio di Stato Civile.
Da documenti della prima metà del '500 risulta che i trovatelli venivano dati a balia fino all'età di tre anni. Le balie ricevevano il compenso di una lira al mese. Se dopo i tre anni le balie avessero voluto conservare il bimbo o la bimba, l'Ospedale donava loro dalle tre alle dieci staia di frumento. I trovatelli non trattenuti dalle loro balie né adottati, raggiunta l'età sufficiente, erano mandati fuori città come “famigli” e le loro paghe costituivano uno dei redditi dell'istituto. Altri “figli” dell'Ospedale venivano invece collocati presso artigiani per imparare un mestiere, ma molti di questi ultimi fuggivano, probabilmente per il trattamento inumano loro riservato.
Per lungo tempo, a Parma, ai figli di ignoti genitori fu imposto il cognome Tanzi, in onore del fondatore dell'ospedale. In seguito, ai trovatelli veniva assegnato un cognome inventato, diverso per ciascuno, che a volte era talmente strano da fare chiaramente individuare la condizione di chi lo portava: “Tormento”, “Sospiro”, “Sperindio”, “Diotallevi”, e altri analoghi.

Fin dal secolo XVII gli ospedali cooperavano con le università nello studio e nella ricerca per il perfezionamento di mezzi terapeutici, e nell'insegnamento pratico e teorico dell'arte medica. I nosocomi erano diventati progressivamente vere scuole di anatomia e chirurgia, di farmacia e botanica e infine anche di chimica. Scuole di medicina avevano già trovato sede nei locali del grandioso Ospedale di Parma, quando, al fine di incoraggiare e far progredire gli studi di medicina, fu deciso, nella metà del sec. XVIII, di istituire nell'Ospedale della Misericordia una “Accademia Fisico-Anatomica”.


L'Ospizio degli Esposti e l'Ospedale della Misericordia costituivano un organismo dotato di tutto il necessario per una vita autosufficiente. Questa grande comunità aveva la propria cantina, la propria panetteria e i laboratori di spezieria (dove si preparavano e si vendevano medicamenti a base naturale - paragonabile alla farmacia di oggi), che si trovavano in locali posti a sinistra dello scalone d'ingresso all'ospedale. Le orfane e le esposte vivevano nell'ospedale e prestavano servizio sul luogo, così come gli amministratori, le balie (le “nutrici” che si occupavano dell’allattamento dei bambini) e altri dipendenti. Il complesso era dotato di tutto l'occorrente per il proprio sostentamento: il canale che attraversava l'intero organismo, il canale Cinghio, fu concesso in uso all'Ospedale dal Comune, fin dal XIII secolo, per irrigarne le terre e mantenere in azione i suoi mulini, la bugadara (luogo dove si fa “bugada” che, in parmigiano, significa bucato), le altane stenditoio (tipiche delle abitazioni di Parma, e qui maggiorate rispetto a quelle, a scala ridotta, della edilizia domestica), le grandi cucine, i refettori, gli attigui ambienti del farinaro per conservare la farina e del “burato” (luogo dove si abburatta, cioè si staccia, si cerne la farina dalla crusca con il buratto o con lo staccio); la dispensa per le provviste di viveri; non mancavano nemmeno una polara (il pollaio), la legnara per il rifornimento di legna. Molti generi (come frumento, uva e legname) gli derivavano dai conduttori dei fondi al posto dell'affitto.
Il pian terreno dell'edificio era luogo molto vivo, essendo animato anche dalla presenza di attività commerciali. Diverse botteghe occupavano il portico, mentre i venditori ambulanti stazionavano lì ad offrire le proprie merci ai viandanti. Nello stesso animato quadro entravano anche i mendicanti. Nel 1806, per ridurre le spese di degenza, molti assistiti vecchi, storpi ed impotenti vennero dimessi dall'Ospedale. Fu però loro concesso “il commodo” di questuare lungo il portico, sulla strada di Santa Croce, ivi esponendo un tronco, ossia una cassetta atta a raccogliere le “elemosine”, entrando a far parte di quel quadro di vita che animava il porticato. Per dormire, i poveretti erano ospitati in una stanza già appartenente all'Ospedale degli Esposti; una buona “minestra economica ed un pane” venivano distribuiti alla sera a quelli che durante la giornata avevano raccolto scarse elemosine.

All'inizio del XX secolo la somministrazione dei medicinali e dei pasti e la custodia della biancheria erano affidati alle suore di reparto, alle quali spettava anche il compito di sorveglianza e di controllo del personale addetto all'assistenza degli infermi. Le infermiere, “reclutate fra modeste donnette dell'Oltretorrente”, svolgevano, in genere, la propria attività “con uno zelo e un'abnegazione impareggiabili”, malgrado il servizio fosse pesantissimo e l'orario spesso di dodici ore.

Già alla fine del XV secolo si rende necessario un ampliamento per far fronte all’aumentato numero di infermi e dei trovatelli che, da 200 verso il 1497, diventano 400 all’inizio del XVI sec. e poi addirittura 600 nel 1521.
Probabilmente ad opera di Gian Francesco Testa, dopo il 1587, vengono prolungate le infermerie dell’Ospedale della Misericordia ed ampliati i locali dell’Ospedale Rodolfo Tanzi con l’aggiunta dell’ultimo tratto del fabbricato porticato verso est, oltre al portone che dava accesso all’Orto degli Esposti. In corrispondenza di questo portone, che si trovava dov’è ora l’ingresso principale dell’Oratorio di Sant’Ilario, viene creato, in facciata, l'arco con timpano che raccorda la vecchia facciata con la nuova.
Solo più tardi fu costruito l’attuale Oratorio di Sant’Ilario (dedicato al patrono di Parma), eretto nel 1663, con accesso dal portico, ove prima era l’ingresso all’Orto degli Esposti.
In origine l'oratorio era situato sulla via Emilia verso Piacenza, poco fuori le mura, vicino porta Santa Croce: nel 1546 l'edificio venne fatto abbattere da Pier Luigi Farnese per far posto a delle nuove strutture difensive.
L'oratorio si compone di tre navate scandite da pilastri a sezione quadrata e dalle superfici scanalate.
Al settimo decennio del XVII secolo risale anche l'apparato decorativo (ad accezione degli affreschi dell'abside, realizzati nel secolo precedente): lo stuccatore Domenico Reti realizzò la rifinitura plastica dei capitelli, ornati con elementi zoomorfi e fitomorfi (soprattutto sparvieri e gigli, simboli araldici farnesiani), e la suntuosa decorazione barocca del semplice sepolcro di Rodolfo Tanzi, fondatore dell'ospedale (collocato in fondo alla navata sinistra, scolpito in arenaria da Antonio d'Agrate a metà del Cinquecento); Reti realizzò due figure femminili assise sull'arca, le allegorie della Carità e della Religione (che simboleggiano le doti del fondatore) e il busto clipeato del Tanzi.
Oratorio di Sant'IlarioOratorio di Sant'Ilario
La decorazione pittorica, affidata a Giovanni Maria Conti della Camera (coadiuvato da Francesco Reti e Antonio Lombardi) e realizzata tra l'agosto del 1663 e il 18 dicembre 1666, copre tutta la volta e le lunette delle campate delle navate laterali ed è improntata al tema del soccorso ai poveri e agli infermi: sono infatti rappresentate le immagini dei santi protettori degli xenodochi che avevano contribuito a creare l'Ospedale della Misericordia (Vincenzo, Nicomede e Bovo) e quelle di numerosi altri santi e beati tradizionalmente invocati per il loro potere taumaturgico (Cosma e Damiano, Rocco, Fabiano e Sebastiano) o di largo seguito popolare (Francesco Saverio). Egli aveva inoltre dipinto una bella figura di donna nell'atto di allattare, sul muro sotto al portico, ove prima della chiesa era ubicato l'ingresso all'Orto degli Esposti. L'immagine dell'allattamento, allegoria della Carità, assume qui un significato specifico, alludendo realisticamente alla funzione di accoglienza e cura dei trovatelli che svolgeva l'Ospizio degli Esposti. Oggi la Carità del Conti si trova presso la Galleria Nazionale.
Nel presbiterio, a fianco dell'altare, si trova una statua lapidea che rappresenta S. Ilario in abiti vescovili e in atto di benedire, con ai piedi la figura di un devoto inginocchiato; la scultura risale ai primi decenni del Quattrocento, venne qui ricollocata dall'antica chiesa fuori le mura.

L’edificio continuerà ad ampliarsi anche nei secoli successivi seguendo uno schema di sviluppo a maglie ortogonali con la creazione di nuove corti interne adibite, soprattutto, ad usi di servizio.

Ospedale Vecchio: Portale neoclassicoOspedale Vecchio: Portale neoclassico
Nel 1782, in corrispondenza dell'entrata all'Ospedale della Misericordia, viene realizzato un vistoso portale neoclassico su disegno dell'architetto Louis Auguste Feneulle. Palese l'intenzione celebrativa nel richiamo all'arco di trionfo, teso ad evidenziare il carattere civico che andava sempre più assumendo l'istituzione e la funzione sociale del nosocomio, sottolineata peraltro dall'iscrizione Publica pietas Aegris perfugium comparavit. Il portale interrompe il ritmo delle arcate, taglia il cornicione, lo supera mediante un frontone con orologio, in origine affiancato da due vasi di gusto neoclassico, ora scomparsi.

La realizzazione del portale rientra nell'ambito di un più ampio intervento voluto da don Fernando di Borbone il quale, come si legge in una lapide sullo scalone del 1782, commissionata, oltre al cancello in ferro battuto eseguito da Benedetto Galli, (sulla quale è impresso lo stemma con le cifre OM che ne ricordano il nome Ospedale della Misericordia e il motto “Quisquit eget hic recipi debet”), le volte delle infermerie (in sostituzione delle preesistenti capriate lignee), con ampi fornici che dovevano funzionare da sfiatatoi, e la cupola, sotto la quale, al centro della crociera, si ergeva il doppio altare. Sempre al centro sotto la cupola, vengono collocate negli angoli quattro statue in stucco dello scultore di corte Jean Baptiste Cousinet, raffiguranti le virtù simbolo dell'ospitalità: compassione, amore del prossimo, assistenza e carità, oggi presso la Galleria Nazionale.

In data 7 marzo 1806, per decreto del generale Junot, l'Ospedale e le altre annesse opere pie dovettero confluire in una sola amministrazione, insieme agli altri istituti di assistenza pubblica. La nuova denominazione di “Ospizi Civili” stava a sottolineare il carattere laico dell'istituzione, in contrapposizione a quello religioso di fondazioni benefiche controllate dal Vescovo o da altri ecclesiastici, da quel momento passate agli enti governativi.
Ospedale Vecchio: Sala delle ColonneOspedale Vecchio: Sala delle Colonne

La denominazione “Amministrazione degli Ospizi Civili” rimase agli istituti parmensi sino al 30 maggio 1940, data in cui si modificò in “Amministrazione degli Ospedali Riuniti di Parma”.
Nel 1842, poi, la duchessa Maria Luigia affidò all'architetto Nicola Bettoli (al quale si devono il teatro Regio, il nuovo palazzo Ducale, le Beccherie, il collegio Maria Luigia ed il palazzo dove ora ha sede il Tribunale) la ristrutturazione del lato occidentale del fabbricato. Tale area venne destinata ad ospitare le suore Vincenzine, che prestavano servizio all'Ospedale, come testimonia una grande scritta sulla facciata. Sempre dal Bettoli, venne realizzata la cosiddetta Sala delle Colonne.

Nonostante i precedenti ampliamenti, all'inizio del secolo XX l'Ospedale si manifestò ancora troppo piccolo.
Il 6 marzo 1915 venne approvato il progetto di una nuova sede, la quale fu costruita fuori dalle vecchie mura ad ovest, nella località dei Prati di Valera, poco oltre la porta S. Croce, con i beni dell'antichissimo “Consorzio dei vivi e dei morti” (confraternita che si dedicava alla pratica della carità attraverso l’assistenza agli ammalati e che gestì l'ospedale dal 1548).
L'inaugurazione del nuovo “Ospedale Maggiore” avvenne il 23 agosto 1926, e fu da quella data che il complesso dell'Ospedale Vecchio cessò di servire agli scopi sanitari, lasciando un vuoto nel mezzo dell'Oltretorrente.
I parmigiani del quartiere erano legati da un affettuoso attaccamento al loro Ospedale, tanto da poter dire che tutto al di là dell'acqua formava una sola grande famiglia con esso. La struttura, del resto, occupava una parte non piccola della sua area e dava pane e lavoro ad un numero discreto dei suoi abitanti, giacché tutto il suo personale infermieristico e di fatica era di Parma Vecchia.
Fu poi venduto, insieme all'edificio dei Paolotti, dall'Amministrazione degli Ospizi Civili al Comune di Parma, che lo destinò a molteplici funzioni. La crociera, per l'ampio spazio che delimita, fu adibita a deposito di materiali di diverso genere: dal 1926 funzionò come magazzino militare. Dopo l'ultima guerra, dal 1948, nel piano nobile fu sistemato l'Archivio di Stato, che aveva dovuto abbandonare la precedente sede nell'edificio della Pilotta, in parte distrutto dal bombardamento del 13 maggio 1944 (nel crollo andarono perduti non pochi fondi archivistici e si resero inutilizzabili i locali per la conservazione dei documenti superstiti). Il sottocrociera venne adibito a magazzino comunale.
Dagli anni settanta il comune ha cominciato a restaurare l'edificio e recuperarlo per il sistema bibliotecario comunale, inserendovi la sede dell'Istituzione Biblioteche del Comune di Parma, la Biblioteca Civica, la Biblioteca Bizzozero, l’Emeroteca comunale, la Biblioteca Balestrazzi e la Videoteca comunale, tutte istituzioni per le quali il palazzo dell'Ospedale Vecchio è diventato un prezioso polo culturale della città.

La Biblioteca Civica è la più grande e la più antica fra le biblioteche comunali. Possiede oltre 63.000 volumi ed un settore di quasi 400 Cd-rom.
La sezione di Documentazione locale contiene circa 2.500 volumi ed un fondo miscellaneo di 4.100 documenti; la sezione di Conservazione comprende circa 16.000 volumi relativi ad antiche donazioni, testi riguardanti la città di Parma, volumi di particolare pregio; la mediateca della Tana dell'Orso che è uno spazio che l’Istituzione biblioteche di Parma riserva ai giovani fra i 13 e i 19 anni e comprende circa 2.500 compact disc musicali e film su DVD. Nella Tana dell’Orso si può usare il PC per navigare in Internet, per creare pagine Web, animazioni elettroniche,
elaborare fotografie digitali, o scrivere un documento di testo; ascoltare CD di musica rock italiana e straniera o vedere un film; prendere in prestito CD musicali, DVD e videogame per PC; occupare uno dei tavoli per studiare da soli o in gruppo; farsi aiutare da un tutor nei compiti delle principali materie (primo biennio scuola secondaria di 2° grado).

La Biblioteca Bizzozero che raccoglie oltre 20.000 volumi e 1.000 testate periodiche su agricoltura e settori collaterali (veterinaria, zootecnia, industria alimentare, gastronomia, tutela dell'ambiente naturale, giardinaggio).

L’Emeroteca comunale offre all'utenza una ricca collezione di periodici divulgativi e di ricerca di svariate discipline, insieme alla più fornita raccolta di quotidiani e settimanali italiani e stranieri esistente in città.
Possiede circa 900 periodici cessati e oltre 1.100 periodici correnti.
Tra questi:
• 23 quotidiani italiani, consultabili il giorno stesso della loro uscita in edicola;
• 6 quotidiani stranieri consultabili 1 settimana dopo la loro uscita (giornalmente si possono trovare presso la Biblioteca internazionale "I. Alpi");
• una sezione di Documentazione locale, costituita da oltre 300 periodici;
• un ampio settore legislativo, costituito dalla normativa in vigore negli stati parmensi a partire dal 1806 e dalla successive legislazione postunitaria, nazionale e regionale, disponibile in raccolte cartacee o su Cd-rom;
• una consistente sezione di microfilm (oltre 2.000 bobine) comprende i principali quotidiani italiani, parte dei periodici locali cessati, la collezione completa della Gazzetta di Parma dal 1735 in poi;
• una raccolta di Cd-rom di quotidiani italiani, banche dati giuridiche e bibliografiche.

La Biblioteca Balestrazzi è specializzata in scienze sociali e politiche. Il profilo storico che caratterizza il trattamento di queste discipline, che si estendono poi a quelle giuridiche ed economiche, permette ricerche anche nell'ambito della storia locale.
La biblioteca si rivolge a studenti, ricercatori e studiosi di problematiche storiche, sociali e politiche. Nata nel 1975 come biblioteca del PCI, creata e organizzata da Dante Salsi, la Biblioteca "Umberto Balestrazzi" apre al pubblico nel 1977.
Dal 1995, a seguito di convenzione, viene gestita dal Comune di Parma.

La Videoteca comunale, “Centro Cinema Lino Ventura”.
E’ un servizio di pubblica utilità e persegue fini di natura culturale, conservazione, divulgazione, valorizzazione e promozione della cultura audiovisiva e multimediale ed è anche un luogo dove, oltre alla consultazione dei materiali, è possibile trovare opportunità di formazione nel campo del cinema, dei nuovi media e dei linguaggi della comunicazione.
Centro Cinema Lino Ventura: sala prestitiCentro Cinema "Lino Ventura": sala prestiti
Il centro è stato intitolato al grande attore di origini parmigiane Lino Ventura che, ai vertici delle scene europee, si è sempre ricordato della sua infanzia vissuta tra i banchi della ghiaia, manifestando un dichiarato amore per la propria città.
Il Centro Cinema Lino Ventura ha come obbiettivo quello di realizzare una filiera che parli il linguaggio del cinema e lo fa attraverso una moltitudine di canali: non solo rassegne cinematografiche che periodicamente vengono realizzate nei cineclub parmensi, ma anche didattica per le scuole, promozione culturale, formazione attraverso svariati corsi e diffusione della cultura cinematografica con il prestito gratuito di dvd, vhs e volumi.
Il patrimonio del centro consta di: videocassette (4.000 titoli comprendenti documentari e fiction), Cd-rom didattici, programmi interattivi di formazione linguistica, Cd musicali, libri e periodici. Sono inoltre consultabili: materiali documentari e cinematografici relativi al territorio ed alla sua storia difficilmente reperibili nei circuiti commerciali tradizionali.
E' inoltre presente una sala attrezzata con una postazione per trasmissioni satellitari e visioni collettive, e sei postazioni individuali audio-video attrezzate con lettori DVD, VCR, CD-Audio, sintonizzatore radio e musicassette.

Fino a poco tempo fa l'Ospedale Vecchio ospitava anche diverse istituzioni in cui si conserva la memoria storica della città e del suo territorio. L'archivio Storico del Comune di Parma e l'archivio di Stato.

L'Archivio Storico del Comune di Parma conserva i documenti prodotti e ricevuti dall'amministrazione locale parmigiana dalle sue origini fino al 1960; è diviso in tre sezioni: preunitaria, postunitaria e Archivio Storico Teatro Regio.
A questo nucleo originario si sono aggiunti i fondi archivistici di alcuni enti soppressi nonché quelli ricevuti dal Comune in dono od in deposito.

Ospedale Vecchio: Galleria centraleOspedale Vecchio: Galleria centrale
L'archivio di Stato di Parma custodisce un ricchissimo patrimonio di documenti, pubblici e privati, atti notarili, carte topografiche, pergamene, sigilli, di straordinario interesse che testimoniano la storia e la cultura di Parma a partire dall’antico Ducato di Parma e Piacenza sino ai giorni nostri.
L’Archivio di Stato si trasferì nel complesso dell’Ospedale Vecchio nel 1948, occupandone l’ala più antica. Prima era nel Palazzo della Pilotta, nella zona detta della Rocchetta, fino a quando, il 13 maggio 1944, un bombardamento aereo distrusse un’ala del grande edificio farnesiano, disperdendo o mescolando una parte delle carte.
L’Archivio di Stato di Parma conserva, oltre alla documentazione degli uffici farnesiani, borbonici, francesi, del governo di Maria Luigia d’Austria, degli ultimi Borbone e postunitari, che riguardano il territorio degli ex-ducati (dunque anche Piacenza, Guastalla e Pontremoli, oltre ai feudi farnesiani dell’Italia centrale e meridionale), le carte degli antichi conventi soppressi in epoca borbonica e napoleonica, alcune raccolte di disegni e carte geografiche tra le più ricche in Italia (oltre 12.000 pezzi dal XV secolo ad oggi), una bella collezione di sigilli e punzoni (370 pezzi), una ricchissima raccolta di pergamene (oltre 11.000) estratte dagli archivi dei conventi e delle famiglie feudali, comprendente rari diplomi di re ed imperatori, bolle pontificie e miniature.
La consultazione del patrimonio documentario, interamente gratuita ed aperta a tutti in una sala di studio aperta per 48 ore la settimana, è possibile attraverso lo spoglio di oltre 1500 inventari ed indici, recentemente studiati ed elencati in un volume apposito, e con l’ausilio di una biblioteca specializzata, che possiede migliaia di volumi riguardanti la storia dei territori parmensi e i metodi storiografici ed archivistici, con molte riviste specializzate ed opuscoli sugli stessi temi, per un totale di quasi 16.000 volumi.

Nel dopoguerra, l'ala occidentale dell'Ospedale Vecchio fu destinata ad abitazione di famiglie di sfollati e di non abbienti.
Numerosi ed ampi locali furono utilizzati come sede di associazioni e circoli politici e ricreativi mentre altri, al piano terreno, ospitarono laboratori e negozi.

Ad oggi sono rimasti ubicati nell'immobile, lo storico circolo Aquila-Longhi, fondato nel 1946, e la Cooperativa Sociale “I Girasoli” che dal 1984 si occupa di recupero e di integrazione sociale e lavorativa di persone con disabilità fisiche e psichiche.
A causa di un discutibile e travagliato progetto di ristrutturazione, molte delle istituzioni pubbliche e delle associazioni ubicate all'interno dell'Ospedale Vecchio sono state costrette a traslocare, sfrattate dal comune.

Nel 1999 si iniziò a parlare di una sua ristrutturazione attraverso lo stanziamento di fondi europei, ma non se ne fece nulla.
Nel 2003 il comune di Parma ha deciso di riqualificare l'Ospedale Vecchio avviando un bando Project Financing, che consiste nel coinvolgimento di soggetti privati nella realizzazione, nella gestione e soprattutto nell'accollo totale o parziale dei costi di un'opera pubblica, in cambio della gestione dell'opera stessa e quindi degli utili che ne verranno generati.
Nel caso dell'Ospedale Vecchio si è scambiata la riqualificazione dell'intero edificio, con la gestione per 29 anni di una sua parte. Il 44% della superficie complessiva risulta, così, destinato ad uso privato (attività alberghiera, esercizi commerciali e uffici). In aggiunta ai benefici derivanti dall'uso privato, il Comune ha messo sul tavolo un contributo all'impresa, di diversi milioni di euro.

Da anni comitati ed associazioni si battono per preservare la destinazione d'uso “interamente pubblica” e perchè venga attuato un restauro dell'edificio, come previsto dal codice Urbani sui beni culturali, invece della ristrutturazione che di fatto sembra essere stata progettata, la quale comporterebbe un intervento profondo sul monumento e ne altererebbe il valore storico-artistico.
La Procura di Parma ha mosso indagini sulle procedure della riqualificazione (mai iniziata), fino all'emissione di 14 avvisi di garanzia, che hanno suscitato forte scandalo, investendo quasi tutti gli assessori della giunta comunale, oltre al costruttore. I reati presunti, andrebbero dall'abuso di ufficio, alla violazione della normativa sugli immobili di interesse storico.

Fonti

• Maria Ortensia Banzola, L’ospedale vecchio di Parma, Parma, 1980
• Maria Ortensia Banzola, L’ospedale di Parma (1201 – 2001) Ottocento anni per la salute, Parma, 2001
• Antonella Iaschi, Beatrice Fontana, Fabrizio Frabetti, Il padrone dell’ospedale vecchio, Parma, 2004
• M. Dall'Acqua (a cura di), Enciclopedia di Parma dalle origini ai giorni nostri, Parma, F.M.Ricci, 1998
biblioteche.comune.parma.it
it.wikipedia.org/wiki/Ospedale_Vecchio
www.centrocinemalinoventura.it
Altana - Vista a sud da una finestra dell'altanaAltana - Vista ad est da una finestra dell'altanaChiostro quattrocentescoSala delle colonneCrocieraCrociera - CupolaCrocieraCrociera - NavataCrociera
IngressoLanternaOspedale Vecchio - vista su Vicolo GrossardiSottotettoSottotetto

Luoghi della memoria